Determinante (algebra)

Una trasformazione lineare del piano cartesiano è descritta da una matrice quadrata 2 × 2 {\displaystyle 2\times 2} . Il determinante della matrice fornisce delle informazioni sulla trasformazione: il valore assoluto descrive il cambiamento di area, mentre il segno descrive il cambiamento di orientazione. Nell'esempio qui riportato, la matrice ha determinante -1: quindi la trasformazione preserva le aree (un quadrato di area 1 si trasforma in un parallelogramma di area 1) ma inverte l'orientazione del piano.
Il volume di questo parallelepipedo è il valore assoluto del determinante della matrice 3 × 3 {\displaystyle 3\times 3} formata dai vettori r 1 , r 2 {\displaystyle r_{1},r_{2}} e r 3 {\displaystyle r_{3}} . Questa relazione fra volume e determinante è valida in qualsiasi dimensione.

In algebra lineare, il determinante di una matrice quadrata è un numero che descrive alcune proprietà algebriche e geometriche della matrice. Si tratta di un potente strumento usato in vari settori della matematica, ad esempio nello studio dei sistemi di equazioni lineari, nel calcolo infinitesimale a più dimensioni (ad esempio nello Jacobiano), nel calcolo tensoriale, nella geometria differenziale, o nella teoria combinatoria.

Il significato geometrico principale del determinante si ottiene interpretando la matrice quadrata A {\displaystyle A} di ordine n {\displaystyle n} come trasformazione lineare di uno spazio vettoriale a n {\displaystyle n} dimensioni: con questa interpretazione, il valore assoluto di det ( A ) {\displaystyle \det(A)} è il fattore con cui vengono modificati i volumi degli oggetti contenuti nello spazio (anche se ciò è improprio senza considerare il significato di misura). Se è diverso da zero, il segno del determinante indica inoltre se la trasformazione A {\displaystyle A} preserva o cambia l'orientazione dello spazio rispetto agli assi di riferimento.

Esso viene generalmente indicato con det ( A ) {\displaystyle \det(A)} e, a volte, con | A | {\displaystyle |A|} . Quest'ultima notazione è più compatta, ma anche più ambigua, in quanto utilizzata talvolta per descrivere una norma della matrice.[1]

Definizione

Il determinante di una matrice 2 × 2 è pari a:

det ( a b c d ) = a d b c . {\displaystyle \det {\begin{pmatrix}a&b\\c&d\end{pmatrix}}=ad-bc.}

Per definire il determinante di una generica matrice quadrata n × n {\displaystyle n\times n} si possono seguire due approcci: quello assiomatico, che definisce il determinante come l'unica quantità che soddisfa alcuni assiomi, e quello costruttivo tramite una formula esplicita. Esistono poi vari metodi di calcolo che risultano più agevoli a seconda del contesto.

Definizione tramite assiomi

Sia K n × n {\displaystyle K^{n\times n}} lo spazio vettoriale delle matrici quadrate n × n {\displaystyle n\times n} a valori nel campo K {\displaystyle K} (ad esempio, il campo dei numeri reali o complessi).

Il determinante è l'unica funzione det : K n × n K {\displaystyle \det \colon K^{n\times n}\to K} avente le proprietà seguenti:

  • det I = 1 {\displaystyle \det I=1} dove la matrice I {\displaystyle I} è la matrice identità di ordine n {\displaystyle n} .
  • Si comporta nel modo seguente rispetto all'algoritmo di Gauss-Jordan:
    • se B {\displaystyle B} è ottenuta scambiando due righe o due colonne di A {\displaystyle A} , allora det B = det A ; {\displaystyle \det B=-\det A;}
    • se B {\displaystyle B} è ottenuta moltiplicando una riga o una colonna di A {\displaystyle A} per k K {\displaystyle k\in K} , allora det B = k det A ; {\displaystyle \det B=k\det A;}
    • se B {\displaystyle B} è ottenuta sommando un multiplo di una riga o di una colonna rispettivamente di A {\displaystyle A} a un'altra, allora det B = det A . {\displaystyle \det B=\det A.}

Le proprietà elencate hanno un significato geometrico: sono le proprietà che deve verificare una funzione il cui valore assoluto è il volume del poliedro individuato dai vettori riga della matrice B {\displaystyle B} e il cui segno è positivo se e solo se tali vettori sono equiorientati alla base canonica.

Definizione costruttiva

Il determinante di una matrice A n × n {\displaystyle A_{n\times n}} può essere definito in un modo più costruttivo, tramite la formula di Leibniz:

det ( A ) := σ S n sgn ( σ ) i = 1 n a i , σ ( i ) . {\displaystyle \det(A):=\sum _{\sigma \in S_{n}}\operatorname {sgn}(\sigma )\prod _{i=1}^{n}a_{i,\sigma (i)}.}

Nella formula, S n {\displaystyle S_{n}} è l'insieme di tutte le permutazioni σ {\displaystyle \sigma } dell'insieme numerico { 1 , 2 , , n } {\displaystyle \{1,2,\ldots ,n\}} , sgn ( σ ) {\displaystyle \operatorname {sgn}(\sigma )} denota il segno della permutazione ( + 1 {\displaystyle +1} se σ {\displaystyle \sigma } è una permutazione pari, 1 {\displaystyle -1} se è dispari) e σ ( i ) {\displaystyle \sigma (i)} indica l' i {\displaystyle i} -esimo elemento della permutazione.

Da questa formula si vede che il numero di elementi della sommatoria è uguale a n ! {\displaystyle n!} (la cardinalità di S n {\displaystyle S_{n}} ).

Per esempio, il determinante di una matrice 3 × 3 {\displaystyle 3\times 3} (cioè n = 3 {\displaystyle n=3} ) è

σ S n sgn ( σ ) i = 1 n a i , σ i = sgn ( [ 1 , 2 , 3 ] ) i = 1 n a i , [ 1 , 2 , 3 ] i + sgn ( [ 1 , 3 , 2 ] ) i = 1 n a i , [ 1 , 3 , 2 ] i + sgn ( [ 2 , 1 , 3 ] ) i = 1 n a i , [ 2 , 1 , 3 ] i + sgn ( [ 2 , 3 , 1 ] ) i = 1 n a i , [ 2 , 3 , 1 ] i + sgn ( [ 3 , 1 , 2 ] ) i = 1 n a i , [ 3 , 1 , 2 ] i + sgn ( [ 3 , 2 , 1 ] ) i = 1 n a i , [ 3 , 2 , 1 ] i = i = 1 n a i , [ 1 , 2 , 3 ] i i = 1 n a i , [ 1 , 3 , 2 ] i i = 1 n a i , [ 2 , 1 , 3 ] i + i = 1 n a i , [ 2 , 3 , 1 ] i + i = 1 n a i , [ 3 , 1 , 2 ] i i = 1 n a i , [ 3 , 2 , 1 ] i = a 1 , 1 a 2 , 2 a 3 , 3 a 1 , 1 a 2 , 3 a 3 , 2 a 1 , 2 a 2 , 1 a 3 , 3 + a 1 , 2 a 2 , 3 a 3 , 1 + a 1 , 3 a 2 , 1 a 3 , 2 a 1 , 3 a 2 , 2 a 3 , 1 . {\displaystyle {\begin{aligned}\sum _{\sigma \in S_{n}}\operatorname {sgn}(\sigma )\prod _{i=1}^{n}a_{i,\sigma _{i}}&=\operatorname {sgn}([1,2,3])\prod _{i=1}^{n}a_{i,[1,2,3]_{i}}+\operatorname {sgn}([1,3,2])\prod _{i=1}^{n}a_{i,[1,3,2]_{i}}+\operatorname {sgn}([2,1,3])\prod _{i=1}^{n}a_{i,[2,1,3]_{i}}+\operatorname {sgn}([2,3,1])\prod _{i=1}^{n}a_{i,[2,3,1]_{i}}+\operatorname {sgn}([3,1,2])\prod _{i=1}^{n}a_{i,[3,1,2]_{i}}+\operatorname {sgn}([3,2,1])\prod _{i=1}^{n}a_{i,[3,2,1]_{i}}\\&=\prod _{i=1}^{n}a_{i,[1,2,3]_{i}}-\prod _{i=1}^{n}a_{i,[1,3,2]_{i}}-\prod _{i=1}^{n}a_{i,[2,1,3]_{i}}+\prod _{i=1}^{n}a_{i,[2,3,1]_{i}}+\prod _{i=1}^{n}a_{i,[3,1,2]_{i}}-\prod _{i=1}^{n}a_{i,[3,2,1]_{i}}\\&=a_{1,1}a_{2,2}a_{3,3}-a_{1,1}a_{2,3}a_{3,2}-a_{1,2}a_{2,1}a_{3,3}+a_{1,2}a_{2,3}a_{3,1}+a_{1,3}a_{2,1}a_{3,2}-a_{1,3}a_{2,2}a_{3,1}.\end{aligned}}}

In particolare:

  • Se n = 1 {\displaystyle n=1} , il determinante di A {\displaystyle A} è semplicemente:
det ( A ) := a 1 , 1 . {\displaystyle \det(A):=a_{1,1}.}
  • Se n = 2 {\displaystyle n=2} , si ottiene la formula già vista:
det ( A ) := a 1 , 1 a 2 , 2 a 2 , 1 a 1 , 2 . {\displaystyle \det(A):=a_{1,1}a_{2,2}-a_{2,1}a_{1,2}.}
  • Se n = 3 {\displaystyle n=3} , si ottiene:
det ( A ) := a 1 , 1 a 2 , 2 a 3 , 3 + a 1 , 3 a 2 , 1 a 3 , 2 + a 1 , 2 a 2 , 3 a 3 , 1 a 1 , 3 a 2 , 2 a 3 , 1 a 1 , 1 a 2 , 3 a 3 , 2 a 1 , 2 a 2 , 1 a 3 , 3 . {\displaystyle \det(A):=a_{1,1}a_{2,2}a_{3,3}+a_{1,3}a_{2,1}a_{3,2}+a_{1,2}a_{2,3}a_{3,1}-a_{1,3}a_{2,2}a_{3,1}-a_{1,1}a_{2,3}a_{3,2}-a_{1,2}a_{2,1}a_{3,3}.}

Quest'ultima formula può essere memorizzata tramite la regola di Sarrus (che non è però estendibile ai casi n > 3 {\displaystyle n>3} ).

La complessità della definizione costruttiva (comprese la generazione delle permutazioni) è elevata:

n ! ( 2 n + 1 ) = O ( N N ! ) . {\displaystyle n!\cdot (2n+1)=O(N\cdot N!).}

Metodi di calcolo

La definizione costruttiva del determinante è spesso complicata da usare per un calcolo concreto, perché si basa su una somma di ben n ! {\displaystyle n!} addendi. Esistono altri algoritmi che consentono di calcolare il determinante più facilmente. Ciascun metodo ha una efficienza variabile, dipendente dalla grandezza della matrice e dalla presenza di zeri.

Matrici quadrate di ordine 2

L'area del parallelogramma è il determinante della matrice

Il determinante di una matrice 2 × 2 è:

det ( a b c d ) := a d b c . {\displaystyle \det {\begin{pmatrix}a&b\\c&d\end{pmatrix}}:=ad-bc.}

Il valore assoluto di questa espressione è uguale all'area del parallelogramma con vertici in ( 0 , 0 ) , ( a , c ) , ( b , d ) {\displaystyle (0,0),(a,c),(b,d)} e ( a + b , c + d ) {\displaystyle (a+b,c+d)} . Il segno del determinante (se diverso da zero) dipende invece dall'ordine ciclico con cui compaiono i vertici del parallelogramma (il segno è negativo se il parallelogramma è stato "ribaltato", e positivo altrimenti).

Come spiegato più sotto, questa proprietà geometrica si estende anche in dimensioni maggiori di 2: il determinante di una matrice 3 × 3 {\displaystyle 3\times 3} è ad esempio il volume del poliedro i cui vertici si ricavano dalle colonne della matrice con lo stesso procedimento visto.

Matrici quadrate di ordine 3

Calcolo del determinante di una matrice 3 × 3 {\displaystyle 3\times 3} tramite un metodo equivalente alla regola di Sarrus. Questo metodo non si estende a matrici più grandi.

Il determinante di una matrice 3 × 3 è:

det ( a b c d e f g h i ) = a e i + b f g + c d h g e c h f a i d b . {\displaystyle \det {\begin{pmatrix}a&b&c\\d&e&f\\g&h&i\end{pmatrix}}=aei+bfg+cdh-gec-hfa-idb.}

Un metodo mnemonico per ricordare questa formula, espresso dalla regola di Sarrus (questo metodo non si estende a matrici più grandi), prevede di calcolare i prodotti dei termini sulle diagonali "continue". Ripetendo a destra della matrice le sue prime due colonne:

( a b c d e f g h i ) a b d e g h {\displaystyle {\begin{pmatrix}a&b&c\\d&e&f\\g&h&i\end{pmatrix}}{\begin{matrix}a&b\\d&e\\g&h\end{matrix}}}

I prodotti delle componenti sulle 3 "diagonali" che partono dall'alto a sinistra (diagonali principali) sono a e i {\displaystyle aei} , b f g {\displaystyle bfg} e c d h {\displaystyle cdh} , mentre sulle 3 "diagonali" che partono dal basso a sinistra (diagonali secondarie) si trovano g e c {\displaystyle gec} , h f a {\displaystyle hfa} , i d b {\displaystyle idb} . Il determinante della matrice è esattamente la differenza tra la somma dei primi tre termini ( a e i + b f g + c d h ) {\displaystyle (aei+bfg+cdh)} e la somma degli ultimi tre ( g e c + h f a + i d b ) {\displaystyle (gec+hfa+idb)} .

Notare che il valore del determinante equivale in questo caso al prodotto misto tra i vettori:

( a d g ) , ( b e h ) , ( c f i ) . {\displaystyle {\begin{pmatrix}a\\d\\g\end{pmatrix}},\quad {\begin{pmatrix}b\\e\\h\end{pmatrix}},\quad {\begin{pmatrix}c\\f\\i\end{pmatrix}}.}

e il suo valore assoluto è uguale al volume del parallelepipedo che ha i tre vettori come spigoli.

Sviluppo di Laplace

Lo stesso argomento in dettaglio: Teorema di Laplace.

Lo sviluppo di Laplace è un metodo di calcolo del determinante, che risulta efficiente solo per matrici molto piccole o contenenti un gran numero di zeri[2]. Si procede scegliendo una riga, la i {\displaystyle i} -esima, tramite la formula:

det ( A ) = j = 1 n   a i , j C i , j , {\displaystyle \det(A)=\sum _{j=1}^{n}\ a_{i,j}C_{i,j},}

dove C i , j {\displaystyle C_{i,j}} è il complemento algebrico della coppia ( i , j ) {\displaystyle (i,j)} , cioè C i , j {\displaystyle C_{i,j}} è data da ( 1 ) i + j {\displaystyle (-1)^{i+j}} per il determinante (minore) di ordine n 1 {\displaystyle n-1} ottenuto dalla matrice A {\displaystyle A} eliminando la riga i {\displaystyle i} -esima e la colonna j {\displaystyle j} -esima.

Esiste uno sviluppo analogo anche lungo la j {\displaystyle j} -esima colonna.

Algoritmo di Gauss

Lo stesso argomento in dettaglio: Metodo di eliminazione di Gauss.

La definizione assiomatica fornisce un altro utile strumento di calcolo del determinante, che si basa su questi due principi:

  • Il determinante di una matrice triangolare è semplicemente il prodotto degli elementi sulla diagonale, cioè:
det ( A ) = i = 1 n a i i . {\displaystyle \det(A)=\prod _{i=1}^{n}a_{ii}.}
  • Usando l'algoritmo di Gauss, è possibile trasformare ogni matrice in una matrice triangolare attraverso operazioni elementari su righe e colonne della stessa ; il cui effetto sul determinante è prescritto dagli assiomi.

Esempio

Supponiamo di voler calcolare il determinante di:

A = ( 2 2 3 1 1 3 2 0 1 ) . {\displaystyle A={\begin{pmatrix}-2&2&-3\\-1&1&3\\2&0&-1\end{pmatrix}}.}

Si può procedere direttamente tramite la definizione costruttiva:

det ( A ) = ( 2 ) 1 ( 1 ) + ( 3 ) 0 ( 1 ) + 2 3 2 ( 3 ) 1 2 ( 2 ) 3 0 2 ( 1 ) ( 1 ) = 2 + 0 + 12 ( 6 ) 0 2 = 18. {\displaystyle {\begin{aligned}\det(A)&=(-2)\cdot 1\cdot (-1)+(-3)\cdot 0\cdot (-1)+2\cdot 3\cdot 2-(-3)\cdot 1\cdot 2-(-2)\cdot 3\cdot 0-2\cdot (-1)\cdot (-1)\\&=2+0+12-(-6)-0-2=18.\end{aligned}}}

Alternativamente si può utilizzare lo sviluppo di Laplace secondo una riga o una colonna. Conviene scegliere una riga o una colonna con molti zeri, in modo da ridurre gli addendi dello sviluppo; nel nostro caso sviluppiamo secondo la seconda colonna:

det ( A ) = ( 1 ) 1 + 2 2 det ( 1 3 2 1 ) + ( 1 ) 2 + 2 1 det ( 2 3 2 1 ) = ( 2 ) ( ( 1 ) ( 1 ) 2 3 ) + 1 ( ( 2 ) ( 1 ) 2 ( 3 ) ) = ( 2 ) ( 5 ) + 8 = 18. {\displaystyle {\begin{aligned}\det(A)&=(-1)^{1+2}\cdot 2\cdot \det {\begin{pmatrix}-1&3\\2&-1\end{pmatrix}}+(-1)^{2+2}\cdot 1\cdot \det {\begin{pmatrix}-2&-3\\2&-1\end{pmatrix}}\\&=(-2)\cdot ((-1)\cdot (-1)-2\cdot 3)+1\cdot ((-2)\cdot (-1)-2\cdot (-3))=(-2)(-5)+8=18.\end{aligned}}}

Lo sviluppo di Laplace può essere combinato con alcune mosse di Gauss. Ad esempio qui risulta particolarmente vantaggioso sommare la seconda colonna alla prima:

( 0 2 3 0 1 3 2 0 1 ) . {\displaystyle {\begin{pmatrix}0&2&-3\\0&1&3\\2&0&-1\end{pmatrix}}.}

Questa mossa non cambia il determinante. Sviluppando lungo la prima colonna si ottiene quindi ancora:

det ( A ) = ( 1 ) 3 + 1 2 det ( 2 3 1 3 ) = 2 ( 2 3 1 ( 3 ) ) = 2 9 = 18. {\displaystyle \det(A)=(-1)^{3+1}\cdot 2\cdot \det {\begin{pmatrix}2&-3\\1&3\end{pmatrix}}=2\cdot (2\cdot 3-1\cdot (-3))=2\cdot 9=18.}

Proprietà

Proprietà elementari

Dalle proprietà elencate nella definizione assiomatica, è facile dedurre che:

  • Se tutti gli elementi di una riga (o colonna) sono nulli, allora det ( A ) = 0. {\displaystyle \det(A)=0.}
  • Se A {\displaystyle A} ha due righe (o colonne) eguali, o proporzionali, allora det ( A ) = 0. {\displaystyle \det(A)=0.}
  • Se una riga (o colonna) è combinazione lineare di due o più altre righe (o colonne) a essa parallele, allora det ( A ) = 0. {\displaystyle \det(A)=0.}
  • Se A {\displaystyle A} viene modificata tramite mosse di Gauss sulle colonne (invece che sulle righe), l'effetto è sempre quello descritto nella definizione assiomatica.
  • In particolare, scambiando tra di loro due righe o due colonne il determinante cambia segno, restando uguale in valore assoluto. Ne consegue che un numero pari di scambi non varia né il segno né il modulo del determinante.
  • Se una riga (o una colonna) è somma di due righe (o colonne), det ( A ) {\displaystyle \det(A)} è la somma dei due determinanti che si ottengono sostituendo a quella riga (o colonna) rispettivamente le due righe (o colonne) di cui è somma.
Il determinante misura il volume del parallelepipedo generato dai vettori colonna della matrice. Moltiplicando un vettore per due, il volume viene moltiplicato per due (come richiesto dalla definizione assiomatica)

Moltiplicazione di matrici

Il determinante è una funzione moltiplicativa, nel senso che vale il teorema di Binet:

det ( A B ) = det ( A ) det ( B ) . {\displaystyle \det(AB)=\det(A)\det(B).}

Una matrice quadrata A {\displaystyle A} con valori in un campo K {\displaystyle K} è invertibile se e solo se det ( A ) 0 {\displaystyle \det(A)\neq 0} . In caso affermativo vale l'uguaglianza:

det ( A 1 ) = det ( A ) 1 . {\displaystyle \det(A^{-1})=\det(A)^{-1}.}

Le proprietà appena elencate mostrano che l'applicazione:

det : G L n ( K ) K {\displaystyle \det \colon \mathrm {GL} _{n}(K)\to K^{*}}

dal gruppo generale lineare negli elementi non nulli di K {\displaystyle K} è un omomorfismo di gruppi.

Come conseguenza del teorema di Binet, se I {\displaystyle I} è la matrice identità di tipo n × n {\displaystyle n\times n} e r {\displaystyle r} uno scalare, è facile verificare che det ( r I ) = r n {\displaystyle \det(rI)=r^{n}} . Infatti:

det ( r A ) = det ( r I A ) = r n det ( A ) . {\displaystyle \det(rA)=\det(rI\cdot A)=r^{n}\det(A).}

Trasposte, matrici simili

Una matrice e la sua trasposta hanno lo stesso determinante:

det ( A ) = det ( A T ) . {\displaystyle \det(A)=\det(A^{T}).}

Se A {\displaystyle A} e B {\displaystyle B} sono simili (cioè esiste una matrice invertibile X {\displaystyle X} tale che A = X 1 B X {\displaystyle A=X^{-1}BX} ) allora per il teorema di Binet det ( A ) = det ( B ) {\displaystyle \det(A)=\det(B)}

Questo significa che il determinante è un invariante per similitudine. Da questo segue che il determinante di una trasformazione lineare f : V V {\displaystyle f\colon V\to V} è ben definito (non dipende dalla scelta di una base per lo spazio vettoriale V {\displaystyle V} ).

D'altra parte, esistono matrici con lo stesso determinante che non sono simili.

Nel campo dei numeri reali, il segno del determinante è anche invariante per congruenza.

Autovalori

Il determinante di una matrice triangolare è il prodotto degli elementi nella diagonale.

Se A {\displaystyle A} è di tipo n × n {\displaystyle n\times n} con valori reali o complessi e ha tutti gli autovalori λ 1 , , λ n {\displaystyle \lambda _{1},\ldots ,\lambda _{n}} nel campo (contati con molteplicità), allora:

det ( A ) = λ 1 λ 2 λ n . {\displaystyle \det(A)=\lambda _{1}\lambda _{2}\cdots \lambda _{n}.}

Questa uguaglianza segue dal fatto che A {\displaystyle A} è sempre simile alla sua forma normale di Jordan, che è una matrice triangolare superiore con gli autovalori sulla diagonale principale.

Dal collegamento fra determinante e autovalori si può derivare una relazione fra la funzione traccia, la funzione esponenziale e il determinante:

det ( e A ) = e tr ( A ) . {\displaystyle \det(e^{A})=e^{\operatorname {tr} (A)}.}

Derivata

Il determinante può considerarsi una funzione polinomiale:

det : R n × n R , {\displaystyle \det \colon \mathbb {R} ^{n\times n}\to \mathbb {R} ,}

quindi essa è differenziabile rispetto a ogni variabile corrispondente al valore che può assumere in una casella e per qualunque suo valore. Il suo differenziale può essere espresso mediante la formula di Jacobi:

d det ( A ) = tr ( c o f T ( A ) d A ) , {\displaystyle d\det(A)=\operatorname {tr} (\operatorname {cof^{T}} (A)dA),}

dove c o f T ( A ) {\displaystyle \operatorname {cof^{T}} (A)} denota la trasposta della matrice dei cofattori (detta anche dei complementi algebrici) di A {\displaystyle A} , mentre tr ( A ) {\displaystyle \operatorname {tr} (A)} ne denota la traccia. In particolare, se A {\displaystyle A} è invertibile si ha:

d det ( A ) = det ( A ) tr ( A 1 d A ) , {\displaystyle d\det(A)=\det(A)\operatorname {tr} (A^{-1}dA),}

o, più colloquialmente, se i valori della matrice X {\displaystyle X} sono sufficientemente piccoli:

det ( A + X ) det ( A ) det ( A ) tr ( A 1 X ) . {\displaystyle \det(A+X)-\det(A)\approx \det(A)\operatorname {tr} (A^{-1}X).}

Il caso particolare di A {\displaystyle A} coincidente con la matrice identità I {\displaystyle I} comporta:

det ( I + X ) 1 + tr ( X ) . {\displaystyle \det(I+X)\approx 1+\operatorname {tr} (X).}

Applicazioni

Sistemi lineari

Il determinante è utile a calcolare il rango di una matrice e quindi a determinare se un sistema di equazioni lineari ha soluzione, tramite il teorema di Rouché-Capelli. Quando il sistema ha una sola soluzione, questa può essere esplicitata usando il determinante, mediante la regola di Cramer.

Matrici e trasformazioni invertibili

Una matrice è detta singolare se ha determinante nullo. Una matrice singolare non è mai invertibile, e se è definita su un campo vale anche l'inverso: una matrice non singolare è sempre invertibile.

Una trasformazione lineare del piano, dello spazio, o più in generale di uno spazio euclideo o vettoriale (di dimensione finita) f : V V {\displaystyle f\colon V\to V} è rappresentata (dopo aver scelto una base) da una matrice quadrata A . {\displaystyle A.} Il determinante è una quantità che non dipende dalla base scelta, e quindi solo dalla funzione f {\displaystyle f} : si può quindi parlare di determinante di f {\displaystyle f} , che si indica con det ( f ) {\displaystyle \det(f)} .

Le seguenti affermazioni su f {\displaystyle f} sono equivalenti:

f {\displaystyle f} è una corrispondenza biunivoca {\displaystyle \Leftrightarrow } f {\displaystyle f} è un isomorfismo {\displaystyle \Leftrightarrow } f {\displaystyle f} è iniettiva {\displaystyle \Leftrightarrow } f {\displaystyle f} è suriettiva {\displaystyle \Leftrightarrow } det ( A ) = det ( f ) 0. {\displaystyle \det(A)=\det(f)\neq 0.}

Quindi ciascuna di queste affermazioni equivalenti è vera se e solo se il determinante non è zero.

Autovalori e autovettori

Lo stesso argomento in dettaglio: Polinomio caratteristico.

Il determinante consente di trovare gli autovalori di una matrice quadrata A {\displaystyle A} mediante il suo polinomio caratteristico:

p ( x ) = det ( A x I ) , {\displaystyle p(x)=\det(A-xI),}

dove I {\displaystyle I} è la matrice identità avente stesso ordine di A . {\displaystyle A.}

Basi, sistemi di riferimento

Dati n {\displaystyle n} vettori nello spazio euclideo R n {\displaystyle \mathbb {R} ^{n}} , sia A {\displaystyle A} la matrice avente come colonne questi vettori. Le seguenti affermazioni sono equivalenti:

i vettori sono indipendenti {\displaystyle \Leftrightarrow } i vettori generano R n {\displaystyle \mathbb {R} ^{n}} {\displaystyle \Leftrightarrow } i vettori formano una base {\displaystyle \Leftrightarrow } det ( A ) 0. {\displaystyle \det(A)\neq 0.}

Se gli n {\displaystyle n} vettori formano una base, allora il segno di det ( A ) {\displaystyle \det(A)} determina l'orientazione della base: se positivo, la base forma un sistema di riferimento destrorso, mentre se è negativo si parla di sistema di riferimento sinistrorso (in analogia con la regola della mano destra).

Volumi

Cubo prima della trasformazione, di volume 1.
L'immagine del cubo dopo la trasformazione è un parallelepipedo, il cui volume è pari al determinante della trasformazione.

Il valore assoluto | det A | {\displaystyle |\det A|} del determinante è uguale al volume del parallelepipedo sotteso dai vettori dati dalle colonne di A {\displaystyle A} (il parallelepipedo è in realtà un parallelogramma se n = 2 {\displaystyle n=2} , e un solido di dimensione n {\displaystyle n} in generale). Più in generale, data una trasformazione lineare:

f : R n R n {\displaystyle f\colon \mathbb {R} ^{n}\rightarrow \mathbb {R} ^{n}}

rappresentata da una matrice A {\displaystyle A} , e un qualsiasi sottoinsieme S {\displaystyle S} di R n {\displaystyle \mathbb {R} ^{n}} misurabile secondo Lebesgue, il volume dell'immagine f ( S ) {\displaystyle f(S)} è dato da:

| det ( A ) | volume ( S ) . {\displaystyle \left|\det(A)\right|\cdot \operatorname {volume} (S).}

Ancora più in generale, se la trasformazione lineare f : R n R m {\displaystyle f\colon \mathbb {R} ^{n}\rightarrow \mathbb {R} ^{m}} è rappresentata da una matrice A {\displaystyle A} di tipo m × n {\displaystyle m\times n} e S {\displaystyle S} è un sottoinsieme di R n {\displaystyle \mathbb {R} ^{n}} misurabile secondo Lebesgue, allora il volume di f ( S ) {\displaystyle f(S)} è dato da:

det ( A T A ) volume ( S ) . {\displaystyle {\sqrt {\det(A^{T}A)}}\cdot \operatorname {volume} (S).}

Generalizzazioni

Pfaffiano

Lo pfaffiano è un analogo del determinante per matrici antisimmetriche di tipo 2 n × 2 n . {\displaystyle 2n\times 2n.} Si tratta di un polinomio di grado n {\displaystyle n} il cui quadrato è uguale al determinante della matrice.

Infinite dimensioni

Per gli spazi a infinite dimensioni non si trova alcuna generalizzazione dei determinanti e della nozione di volume. Sono possibili svariati approcci, inclusa la utilizzazione dell'estensione della traccia di una matrice.

Determinante di un endomorfismo

Se V {\displaystyle V} è uno spazio vettoriale di dimensione finita n {\displaystyle n} sul campo K , {\displaystyle \mathbb {K} ,} allora è possibile definire il determinante di un endomorfismo f : V V {\displaystyle f\colon V\to V} direttamente, senza fare ricorso a una base di V {\displaystyle V} . Sia Λ n ( V ) {\displaystyle \Lambda ^{n}(V)} lo spazio vettoriale degli n {\displaystyle n-} vettori di V {\displaystyle V} . Consideriamo l'endomorfismo T f {\displaystyle T_{f}} di Λ n ( V ) {\displaystyle \Lambda ^{n}(V)} definito di modo che:

T f ( x 1 x 2 x n ) = f ( x 1 ) f ( x 2 ) f ( x n ) , {\displaystyle T_{f}(x_{1}\wedge x_{2}\wedge \cdots \wedge x_{n})=f(x_{1})\wedge f(x_{2})\wedge \cdots \wedge f(x_{n}),}

per ogni x 1 , x 2 , , x n V {\displaystyle x_{1},x_{2},\ldots ,x_{n}\in V} , ed esteso per linearità a tutto Λ n ( V ) {\displaystyle \Lambda ^{n}(V)} . Poiché Λ n ( V ) {\displaystyle \Lambda ^{n}(V)} ha dimensione uguale a 1 risulta che T f {\displaystyle T_{f}} altro non è che la moltiplicazione per uno scalare. Quindi possiamo definire il determinante di f {\displaystyle f} attraverso l'equazione:

f ( x 1 ) f ( x 2 ) f ( x n ) = det ( f ) ( x 1 x 2 x n ) , {\displaystyle f(x_{1})\wedge f(x_{2})\wedge \cdots \wedge f(x_{n})=\det(f)(x_{1}\wedge x_{2}\wedge \cdots \wedge x_{n}),}

per ogni x 1 , x 2 , , x n V {\displaystyle x_{1},x_{2},\ldots ,x_{n}\in V} . A questo punto seguono tutte le proprietà del determinante, in particolare è immediato che det ( id ) = 1 {\displaystyle \det(\operatorname {id} )=1} dove id {\displaystyle \operatorname {id} } è l'endomorfismo identità di V {\displaystyle V} . Se g {\displaystyle g} è un altro endomorfismo di V , {\displaystyle V,} allora:

det ( g f ) ( x 1 x 2 x n ) = ( g f ) ( x 1 ) ( g f ) ( x 2 ) ( g f ) ( x n ) = det ( g ) ( f ( x 1 ) f ( x 2 ) f ( x n ) ) = det ( f ) det ( g ) ( x 1 x 2 x n ) , {\displaystyle {\begin{aligned}\det(g\circ f)(x_{1}\wedge x_{2}\wedge \cdots \wedge x_{n})&=(g\circ f)(x_{1})\wedge (g\circ f)(x_{2})\wedge \cdots \wedge (g\circ f)(x_{n})\\&=\det(g)(f(x_{1})\wedge f(x_{2})\wedge \cdots \wedge f(x_{n}))=\det(f)\det(g)(x_{1}\wedge x_{2}\wedge \cdots \wedge x_{n}),\end{aligned}}}

da cui det ( g f ) = det ( g ) det ( f ) {\displaystyle \det(g\circ f)=\det(g)\det(f)} . Se f {\displaystyle f} non è un isomorfismo allora l'immagine di f {\displaystyle f} ha dimensione strettamente minore di n {\displaystyle n} e quindi f ( x 1 ) , f ( x 2 ) , , f ( x n ) {\displaystyle f(x_{1}),f(x_{2}),\ldots ,f(x_{n})} sono sicuramente linearmente dipendenti, essendo che {\displaystyle \wedge } è una forma multilineare alternante segue che f ( x 1 ) f ( x 2 ) f ( x n ) = 0 {\displaystyle f(x_{1})\wedge f(x_{2})\wedge \cdots \wedge f(x_{n})=0} e quindi det ( f ) = 0 {\displaystyle \det(f)=0} . Si verifica che fissata una base su V {\displaystyle V} il determinante della matrice associata a f {\displaystyle f} rispetto a tale base coincide con il determinante di f {\displaystyle f} .

Storia

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del determinante.
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Note

  1. ^ La notazione | | {\displaystyle |\cdot |} fu introdotta per la prima volta nel 1841 dal matematico inglese Arthur Cayley (MacTutor).
  2. ^ Per una matrice n × n {\displaystyle n\times n} piena, ossia senza elementi nulli, si dovrebbero eseguire n ! {\displaystyle n!} moltiplicazioni.

Bibliografia

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Voci correlate

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Collegamenti esterni

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Controllo di autoritàThesaurus BNCF 32649 · LCCN (EN) sh85037299 · GND (DE) 4138983-9 · BNF (FR) cb11975737s (data) · J9U (ENHE) 987007550422505171 · NDL (ENJA) 00562696
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